RISOLUZIONE DEL CONTRATTO DI COMPRAVENDITA: LA MEDIAZIONE È CONDIZIONE DI PROCEDIBILITÀ SOLO SE DELEGATA DAL GIUDICE
Con l’ordinanza 20 gennaio-11 agosto 2021, n. 22736 la Cassazione sottolinea le differenze tra mediazione obbligatoria e mediazione delegata, e chiarisce che in caso di improcedibilità per il mancato esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione, il giudice di appello non è obbligato a disporla.
La vicenda giuridica
La Corte di Appello di Milano aveva confermato la risoluzione del contratto di compravendita di un immobile privo di agibilità e sprovvisto dei requisiti per ottenerla e la condanna alle restituzioni ed al risarcimento del danno disposte dal Tribunale meneghino.
Il venditore, che aveva perso il processo in primo ed in secondo grado, proponeva ricorso per Cassazione lamentando, fra l’altro, la violazione dell’art. 5 commi 1 bis e 2 del D. Lgs. n. 28/2010, perché la Corte distrettuale non aveva disposto la mediazione delegata né controparte aveva intrapreso il tentativo obbligatorio di mediazione.
La decisione della Cassazione.
La Cassazione, nel respingere il ricorso, parte da una duplice considerazione.
- In primo luogo, si tratta non di diritti reali, ma di risoluzione contrattuale, che non è compresa nelle materie indicate nell’art. 5 comma 1 bis, D. Lgs. n. 28/2010, (rispetto alle quali si può parlare di mediazione obbligatoria);
- In secondo luogo, va condiviso il principio secondo il quale, in tema di mediazione obbligatoria, il preventivo esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda, ma l’eventuale improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza.
Qualora ciò non si verifichi, il giudice d’appello può disporre la mediazione, ma non è configurabile un vero e proprio obbligo a suo carico, neanche nelle materie indicate dallo stesso art. 5, comma 1-bis, posto che in grado d’appello l’esperimento della mediazione costituisce condizione di procedibilità della domanda solo quando è disposta discrezionalmente dal giudice, ai sensi dell’art. 5, comma 2.
Nel caso in esame la corte d’appello ha ritenuto la causa non oggettivamente suscettibile di accordo in mediabile, in dipendenza della sua stessa natura e tale valutazione discrezionale non è sindacabile in sede di legittimità.