LAVORI IN CASA: QUANDO È RICHIESTO IL PARERE DEL CONDOMINIO
Se, per lavori che possano pregiudicare il decoro architettonico dell’edificio, è necessario il parere dell’assemblea, la delibera, con la quale si neghi al singolo condomino il consenso all’esecuzione dell’intervento progettato, può essere oggetto del sindacato dell’autorità giudiziaria è quanto stabilito dalla Cassazione civile, sez. II, 28 Dicembre 2022, n. 37852.
Il caso
Il Condominio, in sede di assemblea, negava la possibilità di un ampliamento dell’unità immobiliare del ricorrente in forza di una clausola del regolamento di condominio, di natura convenzionale, con la quale si obbligano i condomini a richiedere il parere vincolante dell’assemblea per l’esecuzione di opere che possano pregiudicare il decoro architettonico dell’edificio.
L’assemblea negava l’autorizzazione a tale intervento “ritenendolo troppo invasivo per l’estetica e l’unità del complesso”.
In primo e secondo grado, viene riconosciuta la fondatezza della pretesa del singolo proprietario.
La Cassazione, tuttavia, formulando il principio di diritto richiamato, rinvia la decisione alla Corte di Appello, in diversa composizione.
Le modifiche alle parti comuni in Condominio: come procedere
Occorre ricordare come le modifiche alle parti comuni dell’edificio, previste dall’art. 1102 c.c., possono essere liberamente apportate dal singolo condomino, nel proprio interesse ed a proprie spese, al fine di conseguire un uso più intenso della cosa comune e non richiedono alcuna preventiva autorizzazione dell’assemblea, salvo che – come nel caso di specie – tale autorizzazione non sia imposta da una convenzione contrattuale approvata dai condomini.
Tale facoltà incontra come unico limite l’alterazione della destinazione e il non impedire l’altrui pari uso. A ciò si deve aggiungere il divieto per il singolo condomino di eseguire nell’unità immobiliare di sua proprietà esclusiva opere che rechino danno alle parti comuni, ovvero che determinino un pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico.
L’autorizzazione assembleare
Nonostante la facoltà riconosciuta ex lege ai singoli condomini, come visto, è possibile pattuire, nell’interesse comune, una limitazione ai diritti dei singoli sulle parti comuni o di loro esclusiva proprietà.
In questi casi, ad esempio, il regolamento può limitare gli interventi eseguibili o può subordinarli– come nella fattispecie in commento – alla richiesta di una autorizzazione da parte dell’assemblea.
In questa seconda ipotesi, singoli condomini non possono sottrarsi a tale obbligo di carattere negoziale.
Il controllo nel merito della delibera assembleare
In termini generali, al Giudice è precluso ogni esame nel merito della deliberazione assunta, così non si valuterà, ai fini dell’annullamento della delibera, l’opportunità di adottare una decisione piuttosto che un’altra né la convenienza economica dell’operazione deliberata.
Nel caso di specie, tuttavia, oggetto del giudizio di cassazione con rinvio è stata proprio la correttezza del parere espresso dall’assemblea che, essendo di natura vincolante, non può risolversi in una compressione del diritto di proprietà dei singoli, basato esclusivamente su una mera valutazione di gradimento personale senza alcuna espressa motivazione.
In questo caso, la verifica di legittimità ex art. 1137 c.c. impone un accertamento della situazione di fatto alla base della determinazione collegiale e, in particolare, il presupposto indefettibile per controllare la rispondenza della delibera alla legge è proprio l’accertamento relativo al carattere dell’intervento ritenuto “….troppo invasivo per l’estetica e l’unità del complesso”.